sabato 3 settembre 2016

Come ti vedo il bicchiere mezzo pieno

Mi lamento molto. Spesso. Sempre.
Mi piango addosso.
Che vita di merda qua.
Che vita di merda là.

MA

Ho deciso di tirare fuori un pacchetto di fazzolettini di immaginazione, due veli di ottimismo.
Mi sono asciugata le lacrime amare del vittimismo.
E con gli occhi non più appannati, ho guardato alla mia vita.

E ho visto un sacco di cose belle.

La mia vita è stata, ed è tuttora divertente. Una vita ricca di avventure spassose.

Una vita piena di cose per cui ogni giorno mi sento grata.

Ad esempio, a quarant'anni, ricordando quelli che erano i miei desideri di una volta, posso dire che:
volevo una Golf e ho una Golf. Modello, colore, anno. Tutto perfetto.
volevo un WV T1 e ho un WV T1.
volevo una Vespa e ho una Vespa che ha dodici anni più di me.
volevo vivere in Toscana e vivo in Toscana.

Ricordo una casa di cura.
Una gran bella villa. Con un bel parco. Seppure su una strada molto trafficata, tatticamente e discretamente schermata da belle siepi rigogliose. Nessuna possibilità di attaccarsi alla ringhiera e sbirciare per vedere chi ci fosse dentro.
Per tutti gli anni che ci son passata davanti, che fossi piccola o già grande, l'ho sempre guardata con curiosità.
Di quella curiosità scimmiesca, che vuoi a tutti i costi toglierti, ma allo stesso tempo non sai se vuoi davvero soddisfare. Perché quando ti fai delle aspettative, hai paura che poi vengano tradite dalla realtà.

Ero un'adolescente romantica e immaginavo sedute sulle panchine bellissime ma tristissime donne vittime di un amore passionale, travolgente, ma tragico. Uno, due, tre tentati suicidi. Sulle spalle portavano storie che sembravano appena uscite dalla penna di Shakespeare o del D'Annunzio.
Ero una adolescente darkettona e immaginavo persone che vagavano tra le panchine come zombie, tese come corde di violino, con lo sguardo vacuo ma terrorizzato. Sulle spalle portavano storie che sembravano appena uscite dalla penna di King.

Sono cresciuta.
Ma tutte quelle storie immaginate, mi sono rimaste attaccate dentro.

Sono cresciuta.
E pochi giorni fa, traboccante timore reverenziale, soddisfazione e delusione, ho varcato la soglia di quella casa di cura là.
Ho varcato Il Cancello, e sono entrata rispettosa in una dimensione nuova, sconosciuta, fino a quel momento solo immaginata. Una dimensione che ha stimolato il mio rispetto e il mio timore. Lo stesso rispetto e lo stesso timore che provo quando entro in una chiesa, in una biblioteca o nella sala d'aspetto del dottore. Sì. Lo so. Dimensioni agli antipodi, ma, per me, sensazioni paragonabili.
Ho attraversato il bel parco, pieno di panchine, che è proprio come l'ho immaginato per tanti anni (elevato grado di soddisfazione).
Ma non c'erano né bellissime e tristissime donne con i polsi fasciati, né pseudo zombie con sguardi vacui e terrorizzati; solo normalissime persone sedute a chiacchierare intorno ad un tavolino come fossero al bar centrale a bersi un caffè in compagnia (realtà vs romanticismo-darkismo 1-0 palla al centro. elevatissimo grado di delusione).
Sono arrivata all'ingresso della gran bella villa.
Ci sono entrata, sono andata da un tipo che sembrava simpatico ma ho poi scoperto avere il sense of humor di un inglese pensionato e ho firmato per prendere in custodia per un paio d'ore mio fratello, che ha cinque anni più di me, per portare lui e i miei figli a mangiare un gelato e a dare il pane vecchio ai cigni.
E ho una Golf, un WV T1, una Vespa.
E vivo in Toscana.

Cosa posso volere di più dalla vita?
Visto?!?
Bicchiere mezzo pieno.

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