mercoledì 5 ottobre 2016

Elementare Quicksilver

Primo giorno di scuola.

Ti ho visto seduto al tuo banchetto tutto nuovo, accanto alla tua unica compagna tutta nuova, nella tua classe tutta nuova, piena dei tuoi vecchi compagni, quelli di sempre.

Mi sei sembrato già così grande.

Il secondo giorno di scuola ti ho accompagnato. Sono belli i nostri momenti io e te te e me. Ci siamo tenuti per mano, in quel modo speciale, tutto nostro.
Ti ho lasciato e ti ho guardato entrare.
Ho visto il tuo zaino troppo grande sulle tue spalle, e il senso di smarrimento troppo evidente sul tuo viso.
Avrei voluto correre dentro, abbracciarti e aspettare con te l'entrata in classe. Ma ora sei "solo" nelle tue stesse manine. Così ho fatto un respiro profondo, una tirata di naso altrettanto profonda e sono andata via.

Mi sei sembrato di nuovo così piccolo.

"Sai mamma perché mi piace quando usciamo?"
"No, amore. Perché?"
"Perché così io e Gloria ci possiamo abbracciare!"

Immagino te e Gloria abbracciati. Sorrisi sornioni in mezzo a una bolgia di ragazzetti che corrono giocando ad acchiapparella. In mezzo a ragazzine che provano la coreografia per la lezione di danza del pomeriggio.

Solo una frase. Niente di più. Niente di meno.
Ma anche no. E' una frase che è tutto di più. Tutto di meno.

E' stato un "Ehi! Fico! Hai scoperto che non si sta bene solo tra le braccia della mamma!"
E' stato un "wow. ora che sa che non esiste solo la mamma, mi dovrò sapientemente mettere da parte. lui non è mio."

Sei diventato già così grande?

Ti guardo giocare a pallavolo. Ti vedo saltellare felice come un grillo. E mi sembra di rivedere il video di quando non avevi ancora due anni e ballavi davanti alla tivvù col pannolino addosso.

E mi sembri di nuovo così piccolo.

Sembra come quando si va a fare lo shopping di inizio stagione: ci sono momenti della crescita in cui la solita taglia è troppo piccola, ma la taglia in più è ancora troppo grande.

E comunque.... mica scema la Gloria!

Però, se devo dirtela tutta, Gloria è piacevole quanto un dito in un occhio.
Sua madre quanto un dito insabbiato in culo.

Ok!
Ok!
Hai ragione!
Mi metterò sapientemente da parte.
Tu non sei mio.


mercoledì 7 settembre 2016

Storie di evoluzioni: il ferro da stiro

Prima stiravo ascoltando musica hard-rock o guardando film horror e bevendo birra.
Poi stiravo ascoltando Mozart o guardando film strappalacrime e bevendo tisana al finocchio.
Poi stiravo ascoltando "ci son due coccodrilli ed un orangotango" o guardando i Teletubbies (forse il periodo più triste) e bevendo spremute d'arancia.
Poi non stiravo più: lo faceva una signora al posto mio. Intanto io cantavo "se la strada non è dritta e ci sono duemila pericoli, ti basti solo ricordare che, che hai un vero amico in me" guardando a ripetizione la trilogia di Toy Story come se non ci fosse un domani.
Poi non stiravo ancora, ma bevevo di nuovo tisana al finocchio.
Poi stiravo a volte sì, a volta no, ascoltando "ciuf ciuf il trenino fa ciuf ciuf" guardando Peppa Pig e sognando fiumi di birra.
Poi stiravo cantando "faccio la guardia a tutte le carote" guardando Masha e Orso e sognando di assumere sostanze psicotrope.
Poi, vittima di slogan casalingo-femminista, sono andata in piazza a bruciare il ferro da stiro bevendomi uno spritz.
Poi, con entrambi i figli finalmente in età scolare, mi son scoperta più casalinga di quanto temessi immaginassi, e ho ricominciato a stirare, adottando due schemi di gioco infallibili:
- goduriosamente tornata alle origini: guardando film horror e bevendo birra;
- visto che non ci sono più le mezze stagioni come una volta, quando si passa repentinamente dal caldo equatoriale al freddo polare o viceversa, lascio la roba della stagione in chiusura tatticamente sistemata in un contenitore trasparente; dopo sei mesi si sarà stirata da sola per sedimentazione.

lunedì 5 settembre 2016

Storia di educazione sessuale

CAPITOLO UNO

"[...] quando avrai la tua famiglia!"
"Ma mamma, io ho già una famiglia! Siete voi!"
"Vero, amore; ma quando sarai grande avrai la TUA famiglia. Avrai una moglie e farete dei bambini"

[l'ottimismo è l'ultimo a morire]

"Ma io troverò una moglie che avrà già i bambini"
"Come? Non vuoi avere dei bambini tuoi?"
"Ma mamma, sono le femmine che fanno i bambini, non i maschi!"
"Vero amore; ma le femmine senza i maschi non possono fare i bambini!"
"Perché?!?"
"Perché il semino ce l'avete voi maschietti"
"E dove?!?"
"Nelle palline"
"........ma io non li ho mica mai sentiti i semini!!!"

E fu così che Quicksilver a cinque anni, mese più mese meno, scoprì che per fare un bambino ci vogliono un uomo e una donna.

CAPITOLO DUE

"Se mai avrai un bambino"
"Ma chi? IO?!?"
"Sì! Tu!"
"Vuoi un fratellino? Un altro?!?"
"Sì, mi piacerebbe" risponde, sorridendo sornione "Sai, Tempesta, se eri nata prima tu di me, sapevi quanto è bello avere un fratello!"
"Quicksilver, amore, è che tu eri piccolo e non te lo ricordi, ma quando è nata tua sorella non volevi nemmeno venire a trovarci in ospedale, e poi l'hai guardata e trattata con diffidenza per almeno due anni"
"E' perché non la conoscevo!"
"Ah! Ok! Facciamo così: chiedi a papà di trovare un'altra mamma e di farti un bambino. Io non ce la posso fare!"
"Oh! Mà! Ma da dove escono i bambini!?!"

Questa mattina ho tirato fuori dal tubo la ricostruzione digitale di un parto naturale. Ho trovato un video esaustivo e non traumatico. Niente sangue. E niente urla di dolore e insulti gratuiti; solo un piacevole sottofondo musicale molto lounge.

"Non escono dalla pancia?!?"
"Mmmmm. Effettivamente qualche volta sì: ci sono delle volte in cui magari la mamma o il bambino hanno qualche problema,allora bisogna fare un taglietto qui per tirare fuori il bambino; quindi sì, in quel caso il bambino esce dalla pancia"

Ed è così che Quicksilver a sei anni e mezzo ha imparato come escono i bambini dalla pancia della mamma, e la differenza tra un parto naturale e uno cesareo.




Immagino che prima o poi arriverà La Domanda.
Immagino che prima o poi mi chiederà come ci ENTRANO i bambini nella pancia della mamma.
Immagino che prima o poi dovrò scrivere il "Capitolo tre".

Devo organizzarmi e cercare già una ricostruzione digitale esaustiva di come il semino passa dall'uomo alla donna.
Spero il tubo possa essermi di nuovo d'aiuto.
Per youporn mi sembra ancora troppo presto.

domenica 4 settembre 2016

Domanda trabocchetto. E la risposta no?

Sei ancora innamorata?

E' una domanda seria. Mica no. E mi è stata fatta.

Ho smesso di fumare da un secondo all'altro per amore. Da quel preciso secondo in poi, fumare non mi mancato una sola volta. Come se non avessi fumato niente in tutta la mia vita.
Ultimamente un paio di volte mi è venuta voglia di accendermi una sigaretta (e non solo). Potrebbe essere un segnale che sta vacillando il senso dell'amore che ho? E se fosse, di quale amore si tratterebbe?

Ho sempre provato un misto tra cinismo e scetticismo nei confronti dell'amore.

Secondo me l'Amore è solo quello tragico.


Amore:

Lui si innamora di lei.
Lei si innamora di lui.
Si amano.
Si trombano.
Uno dei due muore.
L'altro si suicida.

Lui si innamora di lei.
Lei si innamora di lui.
Si trombano.
Lei si tromba anche altri.
Poi torna da lui.
Che si butta da una finestra abbracciando lei.

Lui si innamora di lei.
Lei si innamora di un altro.
L'altro non si innamora di nessuno.
Lei muore.
Lui si suicida.
L'altro visse felice e contento.

Lui si innamora di lei.
Lei si innamora di lui.
L'amico che c'ha un cazzo da fare mette zizzagna.
Lui ammazza lei, poi scopre l'inganno e si suicida.

Semplice.
Veloce.
Indolore.

L'amore, se è Amore, ha da finire male.

Da sempre mi chiedo se Romeo e Giulietta fossero sopravvissuti, quanto sarebbero durati insieme? Chi mi dice che vittime della routine quotidiana non si sarebbero traditi o sfanculati anche loro?

Continuo a risponderti con una domanda: se tu sapessi il tuo lui innamorato di un'altra, lo lasceresti andare o lo "obbligheresti" a rimanere con te?
Classica domanda da pippone adolescenziale.

Se lo vedessi con un'altra morirei.
Questa si chiama gelosia, non amore.

L'Amore dura un battito di ciglia. Tutto il resto è gelosia, abitudine, fiducia, possessione, passione, egoismo, ossessione...

Il battito di cuore che ti salta quando lo vedi vestito bene, potrebbe essere la normale conseguenza di un'extrasistole.
Il battito di cuore accelerato si chiama tachicardia.
Normali conseguenze di procedimenti chimico-fisici che avvengono all'interno del nostro organismo.

Le farfalle che ti volano nello stomaco quando vedi una foto di quando eravate giovani, si chiamano ricordo nostalgico.
Adesso tu hai la cellulite e non hai più le tette, lui ha le maniglie dell'amore fronte e retro e non ha più i capelli.

Insomma.

Mettiamola così:

Se vedo una foto di noi giovani penso "ammazza che addominali che avevamo!"
Se fossimo Romeo e Giulietta e lui si ammazzasse d'amore per me, col cazzo che io mi suiciderei per lui.

Quindi, secondo la mia personalissima analisi dell'Amore, no: non credo di essere innamorata di lui, extrasistole, tachicardia e farfalle comprese.

Ma, magari, penso che in base a quello che stiamo costruendo insieme, valga la pena fare qualche sacrificio e passare sopra a qualche svista.

Se anche questo è amore, allora sì: sono innamorata di lui.

sabato 3 settembre 2016

Come ti vedo il bicchiere mezzo pieno

Mi lamento molto. Spesso. Sempre.
Mi piango addosso.
Che vita di merda qua.
Che vita di merda là.

MA

Ho deciso di tirare fuori un pacchetto di fazzolettini di immaginazione, due veli di ottimismo.
Mi sono asciugata le lacrime amare del vittimismo.
E con gli occhi non più appannati, ho guardato alla mia vita.

E ho visto un sacco di cose belle.

La mia vita è stata, ed è tuttora divertente. Una vita ricca di avventure spassose.

Una vita piena di cose per cui ogni giorno mi sento grata.

Ad esempio, a quarant'anni, ricordando quelli che erano i miei desideri di una volta, posso dire che:
volevo una Golf e ho una Golf. Modello, colore, anno. Tutto perfetto.
volevo un WV T1 e ho un WV T1.
volevo una Vespa e ho una Vespa che ha dodici anni più di me.
volevo vivere in Toscana e vivo in Toscana.

Ricordo una casa di cura.
Una gran bella villa. Con un bel parco. Seppure su una strada molto trafficata, tatticamente e discretamente schermata da belle siepi rigogliose. Nessuna possibilità di attaccarsi alla ringhiera e sbirciare per vedere chi ci fosse dentro.
Per tutti gli anni che ci son passata davanti, che fossi piccola o già grande, l'ho sempre guardata con curiosità.
Di quella curiosità scimmiesca, che vuoi a tutti i costi toglierti, ma allo stesso tempo non sai se vuoi davvero soddisfare. Perché quando ti fai delle aspettative, hai paura che poi vengano tradite dalla realtà.

Ero un'adolescente romantica e immaginavo sedute sulle panchine bellissime ma tristissime donne vittime di un amore passionale, travolgente, ma tragico. Uno, due, tre tentati suicidi. Sulle spalle portavano storie che sembravano appena uscite dalla penna di Shakespeare o del D'Annunzio.
Ero una adolescente darkettona e immaginavo persone che vagavano tra le panchine come zombie, tese come corde di violino, con lo sguardo vacuo ma terrorizzato. Sulle spalle portavano storie che sembravano appena uscite dalla penna di King.

Sono cresciuta.
Ma tutte quelle storie immaginate, mi sono rimaste attaccate dentro.

Sono cresciuta.
E pochi giorni fa, traboccante timore reverenziale, soddisfazione e delusione, ho varcato la soglia di quella casa di cura là.
Ho varcato Il Cancello, e sono entrata rispettosa in una dimensione nuova, sconosciuta, fino a quel momento solo immaginata. Una dimensione che ha stimolato il mio rispetto e il mio timore. Lo stesso rispetto e lo stesso timore che provo quando entro in una chiesa, in una biblioteca o nella sala d'aspetto del dottore. Sì. Lo so. Dimensioni agli antipodi, ma, per me, sensazioni paragonabili.
Ho attraversato il bel parco, pieno di panchine, che è proprio come l'ho immaginato per tanti anni (elevato grado di soddisfazione).
Ma non c'erano né bellissime e tristissime donne con i polsi fasciati, né pseudo zombie con sguardi vacui e terrorizzati; solo normalissime persone sedute a chiacchierare intorno ad un tavolino come fossero al bar centrale a bersi un caffè in compagnia (realtà vs romanticismo-darkismo 1-0 palla al centro. elevatissimo grado di delusione).
Sono arrivata all'ingresso della gran bella villa.
Ci sono entrata, sono andata da un tipo che sembrava simpatico ma ho poi scoperto avere il sense of humor di un inglese pensionato e ho firmato per prendere in custodia per un paio d'ore mio fratello, che ha cinque anni più di me, per portare lui e i miei figli a mangiare un gelato e a dare il pane vecchio ai cigni.
E ho una Golf, un WV T1, una Vespa.
E vivo in Toscana.

Cosa posso volere di più dalla vita?
Visto?!?
Bicchiere mezzo pieno.

venerdì 2 settembre 2016

Tu non sai chi sono io

Ho iniziato un blog cercando di rimanere libera dalle etichette.
Le etichette mi puzzano di noia.

Eppure, triste a dirsi, senza etichette ho scoperto che non mi sento niente. Non mi calo nella parte.

Avevo fatto una lista lunga così di cose che credevo di essere, che vorrei essere.
Ma mi rendo conto che non c'è niente da fare.

Sono una mamma.

Deve essere un attimo infinitesimale.
Tu spingi.
Lui esce.
L'ostetrica lo prende.

Eppure, tra quel "lui esce" e "l'ostetrica lo prende" deve succedere qualcosa.
Tipo che lui, il tuo primogenito, in realtà è Quicksilver, e mentre il mondo pare fermarsi, lui, con molta calma, si gira, allunga un braccio, e ti attacca un'etichetta tra le chiappe. Una di quelle in stoffa morbida e lucida. Sopra c'è scritto "mamma". Poi il mondo torna a girare, mentre lui torna ad essere il bambino che è appena venuto alla luce. Nessuno si è accorto di nulla.
E tu, da quel momento, te ne vai in giro come fossi un gigantesco orso di peluche, con un'etichetta in bella vista sul culo.

E non c'è forbice che tenga: quell'etichetta continuerà a troneggiare tra le tue chiappe finche morte non vi separi.

[anche se,
ne son quasi certa,
è un etichetta
che ci si porta
anche nell'al di là]

Così ho cancellato i post che avevo già scritto.
E ho ricominciato da (principalmente) mamma.

C'era troppo poco di me.
In quattro post avevo concentrato l'amarezza di quattro anni.
Per una che vuol sfanculare il proprio karma, mi pareva un cattivo inizio.
In fin dei conti, io non sono amara. Tuttalpiù acida.

E settembre mi sembra un mese di buon auspicio.
Agosto è il mese in cui sei ormai sull'orlo della pazzia.
Settembre è il mese in cui ricominciano le scuole.
Se non è di buon auspicio questo....

Sono una mamma con una storia di obesità karmica generazionale che vuole che i propri figli non soffrano della stessa patologia.

Per farlo, ho bisogno di scrivere.
E il bicchiere deve essere mezzo pieno.

giovedì 1 settembre 2016

Tu lo sai cos'è il karma?

"[...] Karma significa 'azione'.
Questa legge mostra come ogni nostra azione è condizionata dalla nostra esperienza.
Quindi in nostro presente è condizionato dal nostro passato.
Ma ciò comporta anche che il nostro futuro è condizionato dal nostro presente.
Quindi, intervenendo sul nostro presente, noi siamo in grado di determinare il nostro futuro.
Se è vero infatti che la nostra reazione alle situazioni è condizionata dalla nostra esperienza passata, è altrettanto vero che noi siamo in grado con la consapevolezza e la volontà di fare sì che la nostra reazione alle situazioni si svincoli dal condizionamento e rimanga positiva mantenendo la nostra serenità.
Questo farà sì che il nostro futuro non sarà più condizionato in senso negativo e il mantenimento della serenità diventerà per noi un comportamento spontaneo.
E' così che si diventa un buddha. [...]"*


Un brano tratto da un libro che una cara amica mi ha regalato per passare una convalescenza post intervento chirurgico dello scorso anno.

In realtà io non voglio diventare un buddha in cinque settimane.
Non lo sono diventata ancora in 8 mesi.
Figurarsi in cinque settimane.

Nel primo capitolo ti spiega cos'è un buddha:

[...] Vive di gioia, di allegria, d'armonia, d'amore.
E infonde intorno a sè gioia,
armonia, amore, allegria e buonumore. [...]

Lo capisci subito: è un libro scritto da un uomo.
Non ha idea di cosa sia la fase premestruale.

Se poi conoscessi me, lo capiresti subito che sono una che non sprizza amore da tutti i pori.
Se vuoi ci fumiamo una canna insieme. Ci facciamo un gin-lemon e un mojito, insieme.
Ma io non amo nessuno.
Sono una da dito medio facile.
L'amore non mi si addice.

Quindi, niente buddah.

Se dovessi dirti la verità, ancora non mi è ben chiaro cosa sia il karma,

[E se tu lo sai ti prego:
spiegamelo
come se avessi 4 anni]

ma son certa che il mio è bello pesante.
Deve essere un problema di famiglia.
Qualcosa tipo obesità karmica generazionale.

Io sono sotto peso.
Il mio karma è obeso.

Il mio karma mi ha rotto i coglioni.
Facciamogli un bel bypass gastrointestinale e mettiamolo a dieta.

Fanculo al karma.